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Incrociano le braccia i lavoratori del settore legno arredo industria - uno dei più importanti del made in Italia (solo in Toscana sono 9500, impegnati in 3100 piccole e medie imprese). Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, infatti, hanno indetto per l’intera giornata di venerdì 21 aprile uno sciopero nazionale. Da tutte le province della Toscana sono stati organizzati pullman per raggiungere Milano, dove si terrà la manifestazione con concentramento al salone nazionale del mobile.

Le trattative con Federlegno per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto lo scorso 31 dicembre, «sono state interrotte a causa delle enormi distanze in materia salariale tra noi e la controparte e l'indisponibilità di quest'ultima a riconfermare il modello contrattuale consolidato dal 2016, che consentirebbe di recuperare ogni anno, in maniera più efficace, il potere di acquisto per i lavoratori» ricostruiscono i segretari regionali Alessia Gambassi (Fillea Cgil Toscana), Simona Riccio (Filca cisl) e Daniele Battistini (Feneal Uil).

«Sono stati e continuano ad essere anni difficili per i lavoratori, soprattutto se non si rinnovano i contratti: chiediamo risposte salariali che siano in grado di ridare ossigeno alle famiglie, messe in ginocchio da una situazione inflattiva senza precedenti. Accettare la proposta di Federlegno avrebbe voluto dire ottenere 63,83 euro al mese d'incremento salariale a fronte dei 135,45 euro al mese che chiediamo con la nostra piattaforma unitaria. Per non parlare di quello che avverrebbe in futuro, in termini di perdite di salario, se passasse la cancellazione del meccanismo di rivalutazione. Oltre a tutto questo, la controparte ci chiede di bloccare il contratto per un anno, non consentendo così ai lavoratori miglioramenti in termini di tutele e diritti. Ricordiamo che oltre agli aumenti retributivi, abbiamo chiesto la riduzione dell'orario di lavoro a pari retribuzione (da 40 a 38 ore, dedicando una parte alla qualificazione professionale) e una maggiore formazione per gli operai e gli impiegati di un settore che resta all'avanguardia in Italia>.

Insomma «Non si può chiedere di applicare le regole solo quando fa comodo, ora che l'inflazione è alta le imprese devono riconoscere quanto dovuto. A queste condizioni – concludono – noi non ci stiamo».