La privatizzazione di Tim, che risale ormai ad oltre 25 anni fa, si è rivelata un disastro. I dipendenti sono scesi da 130mila a 40mila e la capitalizzazione è scesa ormai in prossimità dei 5 miliardi di euro.
Ma anche le altre compagnie non dormono sonni tranquilli. Sono 1.300 gli esuberi - tra i soli dipendenti italiani - annunciati da Vodafone Italia. E 100 quelli annunciati da British Telecom, che pure in Italia ha una presenza modesta e 500 dipendenti.
E tutto questo mentre Wind 3 procede con lo scorporo della rete: che passerà sotto il controllo del fondo che già controlla Ericsson. Resteranno 4000 dipendenti del settore servizi che andranno però a competere con soggetti più snelli come Iliad, che in Italia impiega un migliaio di persone.
A conti fatti - secondo una stima <prudenziale> dei sindacati - sarebbero circa 20 mila (su un totale di 120mila) i posti a rischio nelle telecomunicazioni. Un calcolo che tiene conto solo dei dipendenti diretti.
Per questo motivo oggi, martedì 6 giugno, gli operatori delle telecomunicazioni sono scesi in piazza. L'adesione allo sciopero è stata massiccia: su scala nazionale sono stati l'84,9% gli operatori dei call center che hanno incrociato le braccia, 27 impiegati su 100 hanno fatto la stessa scelta negli uffici.
Dal call center della Vodafone a Ospedaletto - dove gli operatori temono i tagli annunciati dal management - l'adesione allo sciopero è stata anche più alta che nel resto d'Italia, attestandosi al 95%.
Nella foto la delegazione della Fistel Cisl di Pisa alla manifestazione nazionale che si è tenuta a Roma.